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GRAN TOUR LAZIO E CAMPANIA - Partenza da Milano

Lazio - Sperlonga (LT)

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Strutture nelle vicinanze

Anfiteatro Flavio di Pozzuoli

Costruito nel I secolo d.C., l’Anfiteatro Flavio, sorge là dove confluivano le principali vie della regione, la Via Domitiana e la via per Napoli, in sostituzione dell’antico edificio per spettacoli di età romana repubblicana divenuto insufficiente a causa dell’enorme crescita demografica di Puteoli.
L’anfiteatro, in quanto a capienza, era inferiore in Italia solo al Colosseo ed a quello di Capua. Dal punto di vista costruttivo, esso si articola su tre ordini, corrispondenti alla ima, media e summa cavea (spalti di gradinate), coronati in alto da un attico, secondo i tradizionali canoni architettonici. Una platea di lastroni di travertino, rialzata di un gradino rispetto al livello stradale, formava il piano di calpestio di un portico ellittico, che circondava tutto l’anfiteatro. Da questo portico, originariamente scandito da pilastri di pietra ornati da semicolonne e, in un secondo momento, irrobustito da pilastri di laterizio, si accedeva ai veri e propri ingressi all’edificio. Dallo stesso portico esterno partivano, inoltre, venti rampe di scale, che permettevano di raggiungere il settore più alto delle gradinate. Corridoi anulari interni permettevano, altresì, l'ordinato afflusso degli spettatori alla cavea attraverso i vomitoria (varchi di accesso aperti lungo le gradinate). Analoghi corridoi servivano anche i sotterranei al di sotto del piano dell’arena, interrotta al centro dalla fossa scenica ed accessibile dall’esterno attraverso due ingressi simmetrici monumentali.
 

Riviera Di Ulisse

La Riviera di Ulisse comprende un tratto costiero della provincia di Latina lungo circa 100 km. Offre una grande varietà di ambienti dove si alternano spiagge di sabbia fine e promontori rocciosi. I lidi sono ben organizzati e serviti, mentre gli scogli nascondono grotte e anfratti unici nel loro genere. Tra le Bandiere Blu italiane, le località con la qualità dell’ambiente marino migliore d’Italia, ci sono Sperlonga e San Felice Circeo .La prima località che si incontra venendo da Nord è San Felice Circeo, con spiagge belle e ideali per praticare sport nautici. Le coste di Terracina, dal cui porticciolo partono le motonavi per Ponza e Ventotene, sono ben attrezzate, hanno mare poco profondo e sabbia fine.La peculiarità delle spiagge di Gaeta è la sabbia chiara di grana molto fine, il mare pulito e una folta vegetazione mediterranea che fa da contorno alla costa. La spiaggia dell’Ariana, ad esempio, è protetta fra due promontori. La spiaggia di Sant’Agostino è nota per la folta presenza di bar e ristoranti, ma anche per il grande spazio destinato a “spiaggia libera”. I Lidi di Fondi sono una spiaggia sottile, situata a metà fra Terracina e Sperlonga, ideali per praticare il windsurf e il kitesurf.Sperlonga è una località molto suggestiva, le sue acque chiare e la sabbia candida attirano il turismo da tutta Europa. Le spiagge nei dintorni sono divise fra la Riviera di Levante e la Riviera di Ponente, in mezzo la Torre Truglia. Lungo tutta la costa del Lazio, e in particolare nello scenario del Parco Regionale Riviera di Ulisse, esiste un complesso di fortificazioni costituito dalle torri costiere. Solo in questa zona ce sono una ventina.

Il Cisternone

Nel centro storico di Castellone, è possibile vivere l’esperienza di un itinerario sotterraneo all’interno della grandiosa e suggestiva Cisterna Romana del I sec. a.C.,  una imponente costruzione ipogea a pianta irregolare che aveva una capacità di ben 7000 mc. La struttura, alta oltre 6 metri e lunga oltre 60 offre un itinerario unico ed affascinante. Il Cisternone si trova in piazzetta S. Anna (Piazza del Castello). Nei pressi del Cisternone si trova l’antico teatro romano costruito nel I sec. a.C. La parte bassa delle gradinate è stata inglobata nelle abitazioni costruite ne l XVIII secolo e tuttora abitate.

Napoli

Napoli è una delle più grandi ed incantevoli città d’arte del Mediterraneo. Capoluogo della regione Campania è, per grandezza, il terzo comune italiano dopo Roma e Milano. La città domina l’omonimo golfo, che si estende dalla penisola sorrentina all’area vulcanica dei Campi Flegrei ed offre una vista molto suggestiva, con l’imponente vulcano Vesuvio e, in lontananza, tre magnifiche isole - Capri, Ischia e Procida - che sembrano piccoli gioielli sorti dal mare. Oltre ai suoi splendidi paesaggi, Napoli deve la sua meritata fama anche al fascino di un centro storico che racconta 2500 anni di storia ed è stato inserito nel 1995 nel World Heritage List dell’UNESCO.Napoli è una città dove le stratificazioni storiche e archeologiche creano itinerari di visita del tutto peculiari e incantevoli. Poco sopravvive di “Partenope”: la città greca delle origini è rintracciabile, ad esempio, nelle mura greche che passano per via Mezzocannone. Le rovine romane sono, invece, più numerose: tra le tante è situata in pieno centro l’area archeologica di San Lorenzo Maggiore, che ospita parte dell’agorà greca del V sec. a.C. e molti reperti romani di un'epoca in cui la città era già una ‘metropoli’.La vita quotidiana e artistica di Napoli si snoda per le sue vie e i suoi quartieri brulicanti di vita e di monumenti, dalla Sanità e dai quartieri spagnoli realizzati nel ‘500, zona popolare ricca di colori e folklore, agli itinerari che si snodano lungo le vie principali. Prendendo l’arteria stradale detta “Spaccanapoli” (perché divide in due la città antica), i visitatori potranno partire dalla Chiesa del Gesù Nuovo, con la sua facciata recuperata da un palazzo signorile del ‘400, passare per la Basilica di San Domenico Maggiore di epoca angioina e arrivare, risalendo via Duomo, alla magnifica Cattedrale. Ristrutturato più volte per riparare ai danni sismici, il Duomo si sovrappone a edifici preesistenti e deve lo slancio verticale dell’odierna facciata ad Enrico Alvino, architetto dell’Ottocento. All’interno è da visitare la Cappella del Tesoro di San Gennaro che custodisce, fra le altre cose, reliquie del sangue del santo.Un secondo percorso parte da piazza Bellini, luogo di caffè letterari, segue i portici medievali del palazzo di Filippo d’Angiò in Via Tribunali e arriva  fino a Castel Capuano. Si tratta di uno dei quattro castelli che dominano Napoli insieme a Castel Sant’Elmo, Castello dell’Ovo e alla fortezza-palazzo di Castel Nuovo, detto anche “il Maschio Angioino”, realizzato sotto il regno di Carlo I d’Angiò.Dal Maschio Angioino si può partire per un itinerario a ritroso verso piazza del Plebiscito, incorniciata dalla Basilica di San Francesco di Paola, che riecheggia nelle forme il Pantheon romano, e dal Palazzo Reale, residenza dei Borboni. Fra gli altri edifici degni di visita ci sono, poi, il Monastero di Santa Chiara, con le splendide decorazioni del Chiostro delle Clarisse, la Basilica di San Lorenzo Maggiore, che conserva testimonianze di strutture greco-romane nel chiostro interno, il Palazzo Reale di Capodimonte, con le Gallerie Nazionali che raccolgono opere di Tiziano, Raffaello, Correggio, Masaccio, Mantegna e Caravaggio e vari musei fra cui il Museo Civico Gaetano Filangieri.L’intensa vita culturale di questa capitale dell’arte si snoda, oltre che nei musei come il Madre, anche lungo i caffè della Galleria Umberto I e i suoi locali sono brulicanti di vita anche di sera, quando Napoli diventa la città degli universitari, dei musicisti, della pizza e della buona compagnia.

Le Grotte di Pastena

Inserite all’interno del Parco Naturale Regionale Monti Ausoni e Lago di Fondi, le Grotte di Pastena sono definite tecnicamente come “grotte di attraversamento”, completamente percorribili (il ramo attivo solo da speleologi) dall’inghiottitoio fino alla risorgenza.
L’inghiottitoio (l’attuale antro d’ingresso) nel quale si gettano le acque del fosso Mastro, è conosciuto da sempre dalla popolazione locale: alto 20 m e largo 12 m, le testimonianze del suo utilizzo, fin dalla preistoria, sono numerose. Nel 1868 fu teatro dell’eccidio degli ultimi seguaci del brigante Andreozzi che vi si erano rifugiati, inseguiti da gendarmi. Costretti ad arrendersi per fame, furono fucilati, mentre un seminarista da essi trattenuto in ostaggio moriva di spavento. Le grotte sono state esplorate nel 1926 dal barone Carlo Franchetti e da altri speleologi e rese turistiche già a partire dal 1927. Durante il secondo conflitto mondiale vi trovarono rifugio centinaia di profughi, fuggiti dai paesi circostanti. Il sito si divide in due percorsi principali costituiti da un ramo attivo inferiore e da un ramo fossile superiore, ed è considerato tra i maggiori complessi speleologici della nostra penisola e consente di ammirare le più interessanti forme del carsismo sotterraneo: maestose e suggestive sale, stalattiti, stalagmiti e colonne dalle forme bizzarre, laghetti e nelle stagioni più piovose fragorose cascate, che rendono la visita alle grotte un’esperienza emozionante.

I Giardini di Ninfa e il Castello Caetani

l giardino di Ninfa è stato dichiarato Monumento Naturale dalla Regione Lazio nel 2000 al fine di tutelare il giardino storico di fama internazionale, l’habitat costituito dal fiume Ninfa, lo specchio lacustre da esso formato e le aree circostanti che costituiscono la naturale cornice protettiva dell’intero complesso, nelle quali è compreso anche il Parco Naturale Pantanello, inaugurato il 15 dicembre 2009.Il nome Ninfa deriva da un tempietto di epoca romana, dedicato alle Ninfe Naiadi, divinità delle acque sorgive, costruito nei pressi dell’attuale giardino. 
A partire dal VIII l’Imperatore Costantino V Copronimo concesse a Papa Zaccaria questo fertile luogo, facente parte di un più vasto territorio chiamato Campagna e Marittima, entrò a far parte dell’amministrazione pontificia. Al tempo contava solo pochi abitanti, ma aveva assunto un ruolo strategico per la presenza della Via Pedemontana: trovandosi ai piedi dei Monti Lepini, era l’unico collegamento alle porte di Roma che conduceva al sud quando la Via Appia era ricoperta dalle paludi. Dopo l'XI secolo Ninfa assunse il ruolo di città e fra le varie famiglie che la governarono ricordiamo i Conti Tuscolo, legati alla Roma pontificia, e i Frangipani, sotto i quali fiorì l’architettura cittadina e crebbe la considerazione economica e politica di Ninfa, ricordiamo infatti che nel 1159 il cardinale Rolando Bandinelli fu incoronato pontefice Alessandro III nella Chiesa di Santa Maria Maggiore. Nel 1294 salì al soglio pontificio Benedetto Caetani, Papa Bonifacio VIII, figura potente e ambiziosa, che nel 1298 aiutò suo nipote Pietro II Caetani ad acquistare Ninfa ed altre città limitrofe, segnando l’inizio della presenza dei Caetani nel territorio pontino e lepino, presenza che sarebbe durante per sette secoli. 
Pietro II Caetani ampliò il castello della città, aggiungendo la cortina muraria con i quattro fortini e innalzando la torre, già presente, a 32 metri, e realizzò il palazzo baronale.Nel 1382 Ninfa fu saccheggiata e distrutta da parte di Onorato Caetani sostenitore dell’antipapa Clemente VII nel Grande Scisma e avverso al ramo dei Caetani che possedevano Ninfa, i Palatini sostenitori di Urbano VI. La città non fu più ricostruita, anche a causa della malaria che infestava la pianura pontina, i cittadini sopravvissuti se ne andarono lasciando alle spalle i resti di una città fantasma, gli stessi Caetani si spostarono a Roma e altrove. Nonostante ciò le chiese continuarono ad essere officiate dagli abitanti delle vicine colline per tutto il XV e in parte del XVI secolo, per poi essere del tutto abbandonate. Oggi rimangono i ruderi di San Giovanni, San Biagio, San Pietro fuori le mura, San Salvatore e Santa Maria Maggiore, cui parte degli affreschi furono distaccati nel 1971 per essere custoditi nel castello Caetani di Sermoneta. Nel XVI secolo il cardinale Nicolò III Caetani, amante della botanica, volle creare a Ninfa un ‘giardino delle sue delizie’. Il lavoro fu affidato a Francesco da Volterra che progettò un hortus conclusus, un giardino delimitato da mura con impianto regolare, proprio accanto alla rocca medievale dei Frangipane. Alla morte del cardinale quel luogo di delizie, in cui furono coltivate pregiate varietà di agrumi, fra cui il Citrus Cajetani, e allevate trote di origine africane, fu abbandonato. Un nuovo tentativo di insediamento fu fatto da un altro esponente della famiglia Caetani nel XVII, il Duca Francesco IV, il quale ‘buono al governo dei fiori’, si dedicò alla rinascita dell’hortus conclusus ma la malaria costrinse anche lui ad allontanarsi da Ninfa. Della sua opera rimangono le polle d'acqua e le fontane. 
Durante l’Ottocento il fascino delle sue rovine attirò molti viaggiatori che percorrevano l’Italia riscoprendo l’antico: la ‘Pompei del Medioevo’, come la definì Gregorovius, era un luogo spettrale, magico e incancellabile dalla memoria di chi la vide. 
Alla fine dell'Ottocento i Caetani ritornarono su i possedimenti da tempo abbandonati. Ada Bootle Wilbraham, moglie di Onoraro Caetani, con due dei sui sei figli, Gelasio e Roffredo, si occuparono di Ninfa decidendo di crearvi un giardino in stile anglosassone, dall’aspetto romantico. Bonificarono le paludi, estirparono gran parte delle infestanti che ricoprivano i ruderi, piantarono i primi cipressi, lecci, faggi, oggi maestosi, rose in gran numero, e restaurarono alcune rovine, fra cui il palazzo baronale, che divenne la casa di campagna della famiglia, oggi sede degli uffici della Fondazione Roffredo Caetani. La realizzazione del giardino fu guidata soprattutto da sensibilità e sentimento, seguendo un indirizzo libero, spontaneo, informale, senza una geometria stabilita. Marguerite Chapin, moglie di Roffredo Caetani, continuò la cura del giardino introducendo nuove specie di arbusti e rose e negli anni Trenta del Novecento aprì le sue porte all’importante circolo di letterati ed artisti legato alle riviste da lei fondate, “Commerce” e “Botteghe Oscure”, come luogo ideale in cui ispirarsi. 
Durante la Seconda Guerra Mondiale la famiglia Caetani si rifugiò nel castello Caetani di Sermoneta, facendo ritorno a Ninfa solo dopo il 1944, il giardino nel mentre fu utilizzato come base per le munizioni da parte dei soldati tedeschi, che ne preservarono l’integrità grazie agli alberi presenti che favorirono la possibilità di mimetizzarsi. L’ultima erede e giardiniera fu Lelia, figlia di Roffredo Caetani. Donna sensibile e delicata, curò il giardino come un grande quadro, accostando colori e assecondando il naturale sviluppo delle piante, senza forzature, ed evitando l’uso di sostanze inquinanti. Aggiunse numerose magnolie, prunus e rose rampicanti, e, insieme alla madre Marguerite, realizzò accanto alle mura sud della città di Ninfa un rock garden, chiamato anche ‘colletto’. Donna Lelia morì nel 1977, ma prima della sua morte decise di istituire la Fondazione Roffredo Caetani al fine di tutelare la memoria del Casato Caetani, di preservare il giardino di Ninfa e il castello di Sermoneta, e di valorizzare il territorio pontino e lepino.
All’interno del giardino di Ninfa si incontrano varietà di magnolie decidue, betulle, iris palustri e una sensazionale varietà di aceri giapponesi, inoltre a primavera i ciliegi e meli ornamentali fioriscono in maniera spettacolare. 
Fra le oltre 1300 piante diverse introdotte che è possibile ammirare negli otto ettari di giardino ricordiamo i viburni, i caprifogli, i ceanothus, gli agrifogli, le clematidi, i cornioli, le camelie.
Molte varietà di rose rampicanti sono sostenute dalle rovine ed estendono i lunghi rami vigorosi sugli alberi quali:  Rosa banksiae banksiae, RosaTausendshön, Rosa 'Mme. Alfred Carriere', Rosa filipes 'Kiftsgate', Rosa 'Gloire de Dijon', Rosa ‘Climbing Cramoisi Supérieur’.Le rose arbustive bordano il fiume, i ruscelli, i sentieri o formano aiuole come Rosa roxburghii, Rosa ‘Général Shablikine’, Rosa 'Mutabilis', Rosa hugoni, Rosa 'Ballerina', Rosa 'Iceberg', Rosa 'Max Graf', Rosa 'Complicata', Rosa 'Penelope, Rosa 'Buff Beauty'.
Il clima particolarmente mite di Ninfa permette anche la coltivazione di piante tropicali come l’avocado, la gunnera manicata del Sud America e i banani. 
Vi sono anche molti arbusti piantati non solo per la loro bellezza ma anche perché offrono ospitalità alle numerose forme di animali presenti fra cui si evidenzia il folto gruppo dell’avifauna rappresentato da oltre 100 specie censite.

Cuma

Dell’antica Cuma - la prima delle colonie di popolamento greche in Occidente, fondata ai danni delle locali popolazioni osco-sabelliche nella seconda metà dell’VIII secolo a.C. ad opera di Euboici-Calcidesi precedentemente stanziatisi nell’emporion di Pithekoussai (poi denominata Aenaria nell’isola di Ischia) - sono attualmente visitabili l’acropoli e la città bassa. I Greci collocarono l’acropoli della loro città su due terrazze e su un più basso sperone meridionale del Monte di Cuma, sito che per conformità e posizione risultava un punto chiave accessibile solo dal lato meridionale della sella che lo riunisce alla spianata della collina della città, integrando le difese naturali con mura di fortificazioni di cui si conservano cospicui resti. Le più antiche opere di difesa sono costituite da un muro di età sannitica, costruito in blocchi di tufo, e da una muraglia di età greca delimitante a Nord e ad Est il santuario di Apollo. Questa linea delle fortificazione dell’acropoli si raccordava poi a quella della città bassa. Diventata nel tardo impero un castrum (rocca fortificata), l’acropoli di Cuma fu teatro nel VI secolo d.C. delle guerre tra Goti e Bizantini; quindi fu conquistata e devastata dai Saraceni nel 915 d.C., diventando da allora covo dei pirati; infine venne definitivamente distrutta nel 1207 dall’armata napoletana di Goffredo di Montefusco. Al sistema di fortificazione dell’acropoli si collega il cosiddetto “Antro della Sibilla”, un'imponente galleria scavata nel tufo lungo la terrazza che si affaccia sull’antica insenatura del porto. Sulla spianata più alta dell’acropoli sorgeva il cosiddetto Tempio di Giove, attualmente oggetto di nuove ricerche; mentre su quella inferiore sorgeva il Tempio di Apollo; questi due edifici sacri erano poi collegati tra loro da un antico asse, noto come Via Sacra, lastricato in età augustea. Ai piedi dell’acropoli si estende la città bassa, vero abitato di Cuma. In essa le sporadiche esplorazioni condotte nel ‘700 e nel ‘900 hanno rilevato cospicue testimonianze di edifici del periodo sannitico e romano, concentrati soprattutto nella zona del Foro con il suo portico in tufo: il Capitolium, il Tempio con portici sul lato meridionale della piazza, la “Masseria del Gigante”, le “Terme centrali” e le Terme del Foro. Scavi sistematici eseguiti a partire dall’ultimo decennio del secolo scorso ed indagini in profondità vi hanno documentato una lunga frequentazione dall’età arcaica sino ad epoca tardo antica. Le più antiche testimonianze dell'occupazione del sito in età preistorica e protostorica che provengono dalle necropoli esplorate nel corso dell'Ottocento dallo Stevens e nuovamente alla fine del Novecento con i reperti trovati nel corso degli scavi archeologici condotti nell’ager Cumanus, sono in parte esposti nel nuovo allestimento del Museo dei Campi Flegrei a Baia.
 
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